Apertura, chiusura, lockdown, ripartenza, sono tutti termini con cui abbiamo familiarizzato in questi mesi a causa della pandemia da coronavirus che ha stravolto il mondo.

Negli ultimi giorni il dibattito sul turismo è molto acceso: si ha voglia di tornare a lavorare al più presto. La stagione estiva è alle porte e l’idea di restare chiusi in casa senza lavoro terrorizza molto. Così come fa paura l’idea di non poter viaggiare e non sentirsi liberi di esplorare il mondo.

Quando parliamo di turismo è necessario tenere in considerazione i due punti di vista: l’operatore turistico e il turista. La crisi sanitaria che stiamo vivendo non ha precedenti nel mondo moderno e ha avuto degli effetti devastanti sull’economia, sulla società e sulla percezione del mondo.

L’operatore turistico ha subito e continua a subire delle enormi perdite, l’improvviso arrivo del Covid-19 non ha lasciato scampo, siamo rimasti immobilizzati. La paura dei contagi si è fatta strada man mano, paralizzando di fatto tutte le attività.

Il lockdown ha stravolto le nostre abitudini, ci siamo trovati ad adattarci nel nido domestico, al fine di scongiurare eventuali contagi. Niente più socialità e convivialità, niente più viaggi, ovviamente. Quanto questa chiusura forzata ha influito sulla nostra percezione del mondo e dei pericoli fuori dalle mura domestiche? Credo moltissimo.

Oggi si parla di riapertura, seppur graduale delle varie attività, anche quelle connesse al turismo. A breve, se i contagi resteranno ad un livello accettabile, verranno riaperte le frontiere e saranno consentiti i viaggi. Tutti abbiamo voglia di normalità, di esplorare il mondo, di riprendere la vita dove l’abbiamo lasciata, ma ne saremo capaci?

Il turismo ha a che fare spesso con lo svago, il relax, la spensieratezza. Come possiamo coniugare tutto questo con la preoccupazione di un eventuale contagio? Come si potrà a cuor leggero prendere un treno, un aereo, un autobus? Come si potrà senza la certezza di una cura valida, riprendere la vita come prima?

Il settore del turismo tra l’altro è fatto di contatti umani, socialità, legami che si creano tra persone, nei quali il distanziamento tanto raccomandato, non è proprio contemplato.

Sono tutte domande che dobbiamo porci per capire quale sarà il destino del turismo per l’anno 2020. Si ha voglia di ripartire, è vero, ma a quale prezzo? Sanificare una struttura ricettiva ha costi altissimi, garantire la sicurezza propria, dei dipendenti e degli ospiti anche. Le misure da adottare, saranno efficaci? Qualora si verificasse un contagio a chi sarà imputata la responsabilità?

Dal punto di vista del turista, il discorso non cambia. Sebbene ci sia chi ha una bassa percezione dei pericoli e non vede l’ora di tornare a viaggiare, il prima possibile, c’è anche chi ha fatto della massima prudenza uno stile di vita. Se devo spostarmi dalla mia residenza abituale per correre dei rischi, che senso ha?

Non sappiamo come si evolverà la situazione, se il virus scomparirà spontaneamente come per magia, se gli scienziati troveranno una cura che vada bene per tutti, se il vaccino sarà pronto prima del previsto.

Forse sarebbe meglio convogliare gli sforzi per una ripartenza migliore nel 2021, quando si spera avremo dal mondo scientifico delle risposte che ci diano più sicurezza. Oggi salviamo il salvabile utilizzando tutte le precauzioni possibili per preservare noi stessi e gli altri, ma pensiamo al domani, adottiamo strategie che possano differenziarci quando torneremo alla normalità. Come diceva la grande Rita Levi Montalcini “Non temete i momenti difficili. Il meglio viene da lì“.

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