Una chiacchierata con il giornalista enogastronomo Bruno Sganga, in occasione dell’uscita del Manifesto De.Co. (Denominazioni Comunali) iniziativa importantissima per la corretta valorizzazione delle eccellenze del territorio.

1 – Il tuo legame con Luigi Veronelli parte da lontano. Raccontaci com’è nato e di conseguenza nel suo evolversi, come ti ha portato alla profonda conoscenza del giornalista e scrittore, simbolo di qualità nella comunicazione  enogastronomica.

Sono stati oltre 15 anni speciali in tutti i sensi, nel vissuto privato e professionale viaggiando con Gino (Veronelli) ovunque, coordinando attività editoriali e di marketing, dunque anche nelle sfumature più delicate e, non di rado, inevitabilmente pure personali. L’incontro non fu casuale perché sapendo che tra Bergamo e Milano stava realizzando “L’Etichetta”, una rivista unica nel suo genere, come contenuti ed anche graficamente, soprattutto per quei tempi, proposi a Veronelli di farsi affiancare da uno spirito partenopeo come il mio… Poi tutto si allargò alle varie “guide”: ristoranti, vini, cose buone, alberghi di charme, ristoranti in USA, e così via, oltre che millanta eventi in Italia ed all’estero. Un’impronta di vita e professionale indimenticabile e formativa sotto ogni aspetto, ancor più tra agroalimentare (dunque la Terra) e quindi enogastronomica (la Tavola). Un giorno scriverò degli straordinari episodi d’ogni tipo vissuti insieme e di  cosa mi hanno lasciato in questi, ormai, oltre 50 anni dedicati sostanzialmente a questo settore.

Veronelli e Ave Ninchi in televisione.

Le De.Co. sono state un’intuizione di Veronelli. Oggi, questo strumento  quanto si rivela importante nella valorizzazione del patrimonio immateriale di un territorio?

Un’intuizione nata dal suo grande rispetto ed amore per la Terra, di cui pochi allora (per esempio Mario Soldati) prendevano le difese reali cercando di distinguere le identità d’ogni singolo paese o città con il chiaro impegno di valorizzare tutto questo. Oggi dinanzi ad una difesa dalla globalizzazione di tipo negativo, quella che mischia tutto per interessi solo economici e di potere, le De.Co sono un baluardo preciso per non disperdere prodotti, ricette e saperi identitari d’un preciso Comune e  del suo territorio.

Un gruppo di esperti dell’agroalimentare  ha stilato e sottoscritto un manifesto, con il fine di favorire la corretta applicazione delle De.Co. Nella loro apparente semplicità, le De.Co. quanto influiscono nella consapevolezza del valore delle tradizioni locali?

Siamo in 15 veri esperti, tra i primi firmatari, che hanno studiato e stilato il Manifesto, ovviamente con acuto dibattito tra noi, e ciascuno con l’esperienza sia fortemente vissuta con Veronelli (come la mia) che con la confidenza di circa 15 anni nell’attuazione e presentazione delle De.Co. in diversi Comuni (sono oltre 600). Ma si era reso necessario un decalogo di punti di riferimento verso la filosofia originaria ed originale di Veronelli, come nell’interpretazione attuale a tanti anni di distanza. Di furbetti in giro che si appropriano del messaggio delle De.Co. per stravolgerlo adattandolo ai propri interessi ce ne sono non pochi, ancor più con la prepotenza di pagine o profili social e portali web. La tradizione, quando non ripetitivo ritornello di principi solo vetusti od a difesa di interessi immutabili, è qualcosa di vitale sempre, e dunque deve essere difesa e ben rappresentata con azioni concrete.

I prodotti De.Co influiscono sul turismo? Se sì, secondo te sono percepiti come valore aggiunto in una destinazione? Quanto i sapori autentici e tradizionali incidono nell’esperienza del viaggio?

Le De.Co. sono un volano enorme per turismo e marketing territoriale, e chi come te è così ben immersa in questi ambiti, ne percepisce certo il rilievo. Il Manifesto lo chiarisce molto bene e va certamente letto con impegno. Ma attenzione a sapere utilizzare questo volano, non in termini semplicistici od istituendo delle De.Co. (passaggio che un Sindaco con alcune semplici procedure può realizzare serenamente e con  costi ben contenuti) per poi lasciarle in soffitta… Non a caso si parla di De.Co. rivolgendosi a prodotti storici di un certo territorio, e quindi coinvolgendo produttori seri ed impegnati, come di ricette con tutto il settore della ristorazione, o di saperi con sfumature interessanti sotto ogni aspetto culturale e turistico insieme. Si tratta d’argomento semplice e chiaro nel volerlo affrontare e dargli concretezza, però usufruendo poi di professionisti che lo attuano e diffondono, come uno dei principali attrattori turistici ed insieme strumento di marketing, come tu stessa continui a scrivere e sostenere quando giustamente reclami professionalità nel turismo e nelle professioni che ne hanno riferimento.

In Calabria ci sono esempi di De.Co. già costituite? Quali sono? Cosa devono fare i Comuni per avviare il percorso di riconoscimento delle De.Co.?

Certo che ve ne sono, anche se ci sono Comuni che hanno avviato l’iter ma poi lasciando in aspettativa ogni cosa. Esempi virtuosi sono lo stocco di Cittanova, la melanzana violetta di Longobardi, il pane di Cerchiara, la patata di Sant’Eufemia di Aspromonte, l’impiulato di Paola, i fagioli, la graffiola e la seta di Cortale,  l’annona di Reggio Calabria, le prugne di Terranova, ed altri ancora. E presto anche a San Lucido come altrove ve ne saranno istituite altre di cui mi interesserò personalmente visto che risiedo in questa regione. Ma attenzione, per garantire la sostenibilità di una De.Co. servono due imprescindibili principi: la sua storicità evitando pertanto improvvisazioni da interessi solo commerciali, e che quella De.Co. sia effettivamente espressione un patrimonio della comunità, collettivo, e non a vantaggio solo di una determinata azienda od altro. Del resto sul riconoscimento, per altro molto semplice benché serio e con tempi necessari, utilizzando anche un’apposita Commissione in ogni Comune e di cui fanno parte maggioranza ed opposizione trattandosi d’un bene comune, c’è un disciplinare molto chiaro e reperibile anche su web grazie alla diverse esperienze di tanti Comuni che per altro si rendono ben disponibili a fornire ogni utile elemento per avviare la procedure. E lasciamo dire…Evviva!!! 

Bruno Sganga, giornalista enogastronomo.

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